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Mi ricollego un attimo all’articolo pubblicato martedi 16 febbraio sull’episodio che sta molto facendo discutere in questi giorni, dove Apple si è opposta fermamente all’FBI che chiedeva strumenti o processi necessari per poter accedere all’iPhone dell’attentatore di San Bernardino.

Al di là dei legittimi interessi aziendali di Apple di proteggere i propri codici e procedure (e trova il completo supporto di Google, per gli stessi identici motivi), quello che c’è sul piatto ora, ed è anche piuttosto caldo, è la privacy degli utenti Apple, che sono allo stesso tempo cittadini americani. E’ ovvio che la questione non si può e non si deve solo limitare agli Stati Uniti d’America, la sua portata è realmente internazionale e riguarda tutti noi.

Ho letto molti pensieri e commenti a riguardo in questi giorni, c’è chi sostiene Apple senza “se” e senza “ma”, c’è chi si schiera dall’altra parte con il governo USA, e c’è chi ha giustamente dubbi sulla buona fede di una o dell’altra parte.

Proviamo un attimo a soppesare le parti in causa, quali messaggi fa passare Apple in un caso come questo?

  • Abbiamo a cuore la privacy dei nostri utenti sopra ogni altra cosa
  • La qualità del nostro sistema crittografico supera noi stessi e anche l’FBI
  • Creare una chiave d’accesso, che in pratica è una backdoor nel sistema operativo, è un enorme passo indietro sul piano sicurezza

Il giudice federale, ha chiesto all’azienda di Cupertino tre cose ben precise:

  • Disabilitare o comunque aggirare la cancellazione automatica dei dati
  • Fornire un accesso al terminale tramite porta fisica, bluetooth o wi-fi
  • Assicurare che non si attivi il sistema di limitazione tentativi al momento di inserire i codici

Posta estrema fiducia nelle buone intenzioni del Governo USA, viene da chiedermi: “Ma con tutti i mezzi che ha a disposizione l’FBI per le proprie indagini, perchè così tanto accanimento verso un cellulare?”. Inoltre Apple ha collaborato da subito con gli inquirenti fornendo tutti i dati possibili e mettendo a loro disposizione i propri ingegneri, cercando soluzioni e proponendo idee alternative nel rispetto della legge.

Inizialmente il mio pensiero stava nel mezzo, come di solito la “verità”, non riuscivo a schierarmi. Ora però propendo decisamente verso l’azienda della mela: ma perchè penso a me stesso.

Ipotizziamo che Apple ceda alle richieste e programmi una patch, un sistema per accedere a quel telefonino (e di conseguenza a qualunque iPhone sulla faccia della terra), punto primo: chi mi garantisce che i loro tecnici non se ne tengano una copia per poi passarla al miglior offerente? Punto secondo: davvero possiamo credere che l’FBI utilizzi la patch solamente per quel caso e per quel determinato cellulare?

Posto il fatto che, come dicono in tanti, anche io non avrei nulla da nascondere, nel caso il Governo dovesse leggere i miei sms, il mio whatsapp, le foto, le email. Ciò che mi spaventa, magari ho visto troppi film o sono un tantino paranoico, è questo: se il benedetto codice cadesse nelle mani sbagliate? Con quello che può valere in soldoni una “chiave d’accesso universale”, c’è da metterlo altamente in conto…

Sono un cospirazionista se penso a terroristi, psicopatici che mi studiano, che sanno cosa ho fatto, dove sono stato e quando, cosa ho detto, cosa ho scritto, di cosa mi interesso e magari possono anche attivare da remoto la fotocamera o il microfono dell’iPhone? Se aveste a disposizione il codice, entrereste nel cellulare dei vostri amici, dei vostri conoscenti, dei vostri parenti? Cosa ne pensate, sto farneticando?

 

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